Come tutta la frutta secca il pistacchio è in grado di favorire l’abbassamento della percentuale di colesterolo nel sangue riducendo così il rischio di malattie cardiovascolari; infatti la maggior parte dei grassi contenuti nei pistacchi sono monoinsaturi e, a differenza dei grassi saturi contenuti nelle carni rosse, hanno effetti benefici sul fronte della riduzione del colesterolo “cattivo”.
Un nuovo studio presentato all’European Congress on Obesity di Sofia, che ha avuto luogo dal 28 al 31 Maggio, conferma come il consumo di pistacchi potrebbe migliorare la resistenza all’insulina e quindi proteggere contro il diabete di tipo 2.
Lo studio è stato promosso da American Pistachio Growers, ed è stato condotto dalla Dottoressa Mònica Bulló, Human Nutrition Unit, Facultyof Medicine and Health Sciences, Pere Virgili Institute for Investigating Health, Rovira i Virgili University, Reus, Spain, e dai suoi colleghi.
Si consigliano 49 pistacchi al giorno, l’equivalente di circa 30 gr. “La nostra ricerca suggerisce che il consumo regolare di pistacchi ha un effetto importante nel ridurre l’insulina e il glucosio, e potrebbe anche aiutare a contrastare alcune conseguenze metaboliche negative del pre-diabete, uno dei fattori di rischio per lo sviluppo di diabete vero e proprio. Inoltre, contiene altri composti bioattivi con proprietà anti-infiammatorie e antiossidanti che sono benefici per la salute”, precisa la Dottoressa Mònica Bulló. E quindi il cosiddetto “diabete borderline” potrebbe essere combattuto proprio grazie a questo gustosissimo e nutriente alleato. Per giungere a tale conclusione, gli esperti hanno analizzato i dati relativi a un campione di 54 persone destinate a seguire per 4 mesi una dieta di controllo (CD) o una dieta ricca di pistacchi (PD, con 57g di pistacchi al giorno).

Lo studio

Lo studio ha previsto 4 mesi di intervento per ciascuna dieta, con un periodo di riposo di due settimane tra l’una e l’altra. Le diete erano equivalenti per quanto riguarda le calorie e non differivano nella quantità di acidi grassi saturi e colesterolo. All’inizio, mensilmente, sono stati valutati parametri come le misure corporee, la pressione arteriosa, le abitudini alimentari e l’attività fisica. I campioni di sangue venivano raccolti prima, all’inizio e alla fine di ogni periodo di intervento.
I ricercatori hanno scoperto che non si sono verificate variazioni statisticamente significative nel BMI (indice di massa corporea) tra i periodi di osservazione. Il livello di glucosio a digiuno, l’insulina e i marcatori di insulino-resistenza sono diminuiti  significativamente dopo la dieta con pistacchio rispetto alla dieta di controllo. Rispetto ai partecipanti al gruppo CD, quelli del gruppo PD hanno mostrato una non statisticamente significativa diminuzione dei valori dell’emoglobina glicosilata (HbA1c), e una più alta ma non significativa riduzione nei livelli di colesterolo cattivo LDL. Altri marker di rischio metabolico come fibrinogeno, GLP – 1, LDL ossidato e fattore piastrinico hanno mostrato tutti una riduzione statisticamente significativa dopo la dieta con pistacchio rispetto alla dieta di controllo.
Il periodo di studio è durato circa otto mesi, al termine dei quali sono emersi diversi dati interessanti. Innanzitutto, non si sono verificati cambiamenti per quanto riguarda il peso corporeo dei partecipanti.
“Questa ricerca costituisce un’ulteriore e utile indicazione di come i pistacchi possano inserirsi vantaggiosamente nell’alimentazione quotidiana – afferma il professor Giorgio Donegani, presidente della Fondazione Italiana per l’Educazione Alimentare –. Non soltanto per i conosciuti effetti antiossidanti e protettivi verso le malattie cardiocircolatorie, ma anche per la prevenzione di una patologia in preoccupante crescita come il diabete, spesso associata a uno stile di vita poco sano, sia per quanto riguarda l’alimentazione sia per ciò che concerne la scarsa attività fisica”.
La pianta del pistacchio appartiene alla famiglia delle Anacardiaceae, può raggiungere un’altezza che supera i dieci metri, ed è originaria del Medio Oriente; il suo nome scientifico è “Pistacia vera”.
I principali paesi produttori sono l’Iran, la California e la Turchia; in Italia la pianta viene coltivata con successo in Sicilia, dove troviamo i rinomati pistacchi di Bronte, cittadina in provincia di Catania, che hanno acquisito il marchio D.O.P. e si distinguono per la qualità,  le notevoli dimensioni e l’intensa colorazione verde.
Andrew- Pistachio Photo Shoot final high resI pistacchi sono costituiti per il 3,9% da acqua, per il 20% da proteine, per il 27% da carboidrati, per il 3% da ceneri, per il 10% da fibre, per il 7,60 da zuccheri e per l’1,5% da amido.
Discreta la presenza di minerali, tra cui: calcio, fosforo, potassio, ferro, zinco, magnesio, manganese, fluoro e rame. Per quanto riguarda le vitamine troviamo la vitamina A, le vitamine B1, B2, B3, B5, B6, la vitamina C e la vitamina E. Sul fronte degli aminoacidi, l’arginina, l’acido aspartico e glutammico sono quelli presenti in maggior quantità, a seguire troviamo la fenilalanina, la serina e la valina.

American Pistachio Growers

American Pistachio Growers è un’associazione volontaria nel settore agricolo che rappresenta più di 550 membri, tra i quali: coltivatori di pistacchio, addetti alla lavorazione e partner del settore in California, Arizona e New Messico. APG è governata da un consiglio di amministrazione democraticamente eletto ed è finanziata interamente da produttori e operatori indipendenti con l’obiettivo comune di promuovere le proprietà nutrizionali dei pistacchi americani. Gli Stati Uniti sono al primo posto nella produzione mondiale di pistacchio dal 2008. I pistacchi americani sono lo “Snack Ufficiale” della squadra di water polo statunitense, dello snowboarder freeride del “2013 National Geographic Adventurer of the Year” Jeremy Jones, del campione inglese di ciclismo Mark Cavendish e di Miss California.

Per maggiori informazioni: www.AmericanPistachios.org