Il tumore della prostata è una patologia peculiare dell’età avanzata, al punto da essere considerato l’orologio biologico “cattivo” del processo d’invecchiamento. La prostata è una ghiandola, grande quanto una noce, che fa parte del sistema riproduttivo maschile. Il cancro della prostata è la crescita incontrollata di cellule neopla-stiche all’interno della ghiandola. Queste cellule per crescere e svilupparsi necessitano del testosterone, un ormone maschile. Talvolta le cellule tumorali prostatiche possono uscire dalla ghiandola e invadere altri organi o strutture dell’organismo, più frequentemente ossa e linfonodi, in questi casi si parla di “carcinoma prostatico avanzato, o metastatico”. Il tumore della prostata è la forma di tumore più diffusa tra gli adulti di sesso maschile e rappresenta il 20% di tutti i tumori tra gli uomini di età superiore ai 50 anni. È rimasto a lungo orfano di farmaci efficaci, ma di recente l’AIFA ha dato il via libera a enzalutamide, un farmaco indicato per i pazienti affetti da carcinoma della prostata avanzato resistente alla castrazione dopo fallimento della chemioterapia. Si tratta di un agente ormonale di ultima generazione che inibisce in modo selettivo il recettore degli androgeni (testosterone), “motore” del carcinoma prostatico, migliorando in modo significativo la sopravvivenza, con un impatto positivo sulla qualità di vita grazie al buon profilo di tollerabilità, sicurezza e maneggevolezza. Il farmaco, a somministrazione orale, è dispensato dal Servizio sanitario, in fascia “H”, dietro ricetta non rinnovabile dei Centri ospedalieri o degli specialisti. Enzalutamide rappresenta un enorme passo in avanti nel trattamento del carcinoma prostatico metastatico resistente alla chemioterapia perché blocca in maniera potente e duratura nel tempo il recettore degli androgeni. A differenza di altre terapie farmacologiche antiandrogene, che riducono ma non azzerano i livelli circolanti di testosterone, enzalutamide si lega in maniera potente e prolungata al recettore degli androgeni, ripristinando un controllo sulla cellula tumorale prostatica e inducendone in alcuni casi la morte.

I risultati dello studio AFFIRM, condotto in doppio cieco e pubblicato sul New England Journal of Medicine nel 2012, hanno dimostrato che la differenza in termini di frequenza di eventi avversi nei pazienti trattati con enzalutamide rispetto a quelli trattati con placebo è minima. Si registra un lieve aumento della stanchezza, delle vampate di calore e, raramente, della cefalea. Il farmaco presenta quindi un buon profilo di sicurezza e tollerabilità e ha migliorato la qualità di vita dei pazienti del 43%, secondo il punteggio del questionario somministrato ai pazienti durante il trial: percentuale questa non irrilevante, considerata la gravità della malattia. Lo studio ha inoltre dimostrato che enzalutamide è in grado di contrastare la crescita del tumore e delle metastasi, migliorando in maniera statisticamente significativa la sopravvivenza globale (4,8 mesi) rispetto al placebo (18,4 vs 13,6 mesi), con miglioramento della sopravvivenza libera da progressione radiografica, in pazienti che si dimostravano non più responsivi all’ormonoterapia tradizionale e alla chemioterapia.

Tumore della prostata Astellas ProFormat ComunicazionePaolo Marchetti (Professore ordinario di Oncologia Medica, Sapienza Università di Roma, Direttore U.O.C. Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, Roma) ci spiega meglio la patologia.

 

In Europa il tumore della prostata è il tipo di neoplasia più diffusa nella popolazione maschile dopo i tumori cutanei. Quali sono le caratteristiche di questo tumore? Come si manifesta? Quali sono l’incidenza e i principali fattori di rischio?

Il tumore della prostata è una neoplasia tipica dell’età più avanzata: potremmo definirla quasi una sorta di orologio biologico in negativo del fisiologico processo d’invecchiamento. Numerosi studi autoptici condotti in soggetti sopra gli 80 anni, deceduti per cause non neoplastiche, rivelano la presenza di focolai tumorali prostatici. Questo sta a significare che la ghiandola prostatica è un organo molto incline alla trasformazione neoplastica a causa dell’invecchiamento: purtroppo, se in molte persone la patologia non si manifesta clinicamente, alcuni soggetti sviluppano il tumore. Classicamente, la fascia d’età più colpita è quella dopo i 70 anni; tuttavia nell’ultimo decennio, sia per un miglioramento delle indagini diagnostiche che della diagnosi precoce, assistiamo alla comparsa di tumori della prostata in età precedente, tra i 60 e i 70 anni e, seppure rarissimo, qualche caso prima dei 60 anni. Il tumore della prostata è caratteristicamente ormono-sensibile agli androgeni, tant’è vero che la malattia regredisce asportando i testicoli o somministrando farmaci che riducono i livelli di testosterone. Per quanto riguarda i sintomi, la patologia si manifesta con difficoltà a urinare e sangue nelle urine, quasi sempre quando è già in fase avanzata. Si tratta della neoplasia più frequente tra i maschi adulti, rappresentando il 20% di tutti i tumori diagnosticati a partire dai 50 anni di età nell’uomo. Ogni anno si registrano 42.000 nuovi casi e 8.000 decessi e questi numeri sono in aumento anche a motivo della diagnosi precoce più frequente e per il cambiamento degli stili di vita. Il primo fattore di rischio è l’invecchiamento, seguito dalla dieta troppo ricca di grassi e dalla scarsa attività fisica. Bisogna comunque tener presente che un 5-10% dei tumori prostatici è genetico-ereditario, con maggiore frequenza tra i più giovani; mentre la familiarità è presente nel 25% di casi. Fattori protettivi, da non sottovalutare, sono le vitamine D, A e gli antiossidanti.

 

Quali sono generalmente l’evoluzione e la prognosi della patologia? Cosa si intende per “forma metastatica resistente alla castrazione”?

Lasciato a se stesso, il tumore della prostata evolve e metastatizza portando ad exitus. Oggi però, grazie ai trattamenti chirurgici e farmacologici, la sopravvivenza dei pazienti è di circa l’88% a 5 anni dalla diagnosi, con una prognosi che possiamo definire favorevole se la neoplasia viene diagnosticata precocemente e trattata in maniera integrata. La forma metastatica resistente alla castrazione, intesa come tumore resistente alla deprivazione degli androgeni, concetto fondamentale emerso di recente, è più complessa, ma si riesce a superare tale ostacolo grazie alle nuove prospettive terapeutiche basate su farmaci non solo chemioterapici e che rispettano, anche e soprattutto, la qualità di vita del paziente.

Uno dei problemi del tumore della prostata è il ritardo della diagnosi, che in circa il 10-20% dei casi arriva nella fase già avanzata: quali sono i fattori che ostacolano un riconoscimento tempestivo della malattia?

Il motivo principale per cui il tumore della prostata viene di solito diagnosticato tardivamente risiede nella natura del tumore stesso: questo cancro infatti origina e cresce nella parte più esterna della ghiandola prostatica, il cosiddetto mantello, e le alterazioni che innesca non danno segni della loro presenza se non quando il tumore è molto cresciuto. Altro ostacolo alla diagnosi tempestiva è proprio la carenza di indagini diagnostiche che segue un gradiente Nord-Sud nel Paese. Inoltre lo stesso dosaggio del PSA può rivelarsi uno strumento diagnostico ingannevole, in quanto spesso evidenzia forme tumorali che magari non avrebbero mai dato problemi. Ecco perché lo screening va sempre eseguito in accordo con il proprio medico curante e i risultati devono essere interpretati con molta cautela.

Come si sviluppa la collaborazione tra urologo e oncologo? Che importanza ha l’approccio multidisciplinare, sia nella fase che precede la diagnosi sia nel successivo percorso di cura?

La collaborazione tra le diverse figure specialistiche deve iniziare subito, dal momento in cui si ha il sospetto di neoplasia prostatica. Parlare di approccio multidisciplinare può dare l’idea che il paziente sia una sorta di pacco postale, trasferito da uno specialista all’altro a seconda del momento e della necessità. Così non deve essere. Quel che interessa noi medici è una collaborazione interdisciplinare stretta all’interno di un gruppo competente che includa tutte le figure specialistiche necessarie e in grado di offrire la valuta